Fame e guerra un binomio agghiacciante
La guerra in Ucraina ha evidenziato il fatto che se le persone non si alimentano scaturiscono i conflitti. Il blocco dei porti del Mar Nero e le razzie di grano e mais causate dai russi, stanno già facendo montare tumulti in Africa e Medio Oriente con conseguenti ondate migratorie verso l'Europa. Quando l'offerta scende l'inflazione sale ma i poveri hanno gli stessi redditi "da fame" di prima e giustamente protestano in quanto non riescono a comperare neppure alimenti base, così nascono le guerre.
È importante ricordare che le aree geografiche precedentemente citate hanno già sofferto economicamente la pandemia SarsCov_2, ora si stavano appena riprendendo dalla catastrofe sanitaria e il conflitto russo-ucraino è un ulteriore "spada di Damocle"insormontabile per chi vive in povertà.
La pandemia ha lasciato strascichi sull'economia mondiale; infatti in soli due anni, il numero di persone con grave insicurezza alimentare è raddoppiato, da 135 milioni prima della pandemia a 276 milioni oggi. Più di mezzo milione di persone vivono in condizioni di carestia, con un aumento di oltre il 500% dal 2016. Tali cifre elevatissime sono indissolubilmente legate ai conflitti, sia come causa che per effetto. In quest'ottica l'ultimo decennio d'emergenza climatica hanno provocato problematiche a 1,7 miliardo di individui, si sta avendo una ripresa diseguale dalla pandemia che sta colpendo il pagamento del debito dei paesi in via di sviluppo, le conseguenze a livello internazionale sono tutti fattori che correlati aumentano la fame nel mondo che potrebbe perdurare anni e far soffrire decine di milioni di persone.
Per superare tale flagello di caratura globale che si sta verificando in qualsiasi continente e nazione mietendo vittime tra le fasce deboli delle società, bisogna attuare azioni immediate e congiunte. Come cosa principale sarebbe utile ridurre urgentemente la pressione sui mercati aumentando l'approvvigionamento alimentare, il che significa che le esportazioni di cibo dovrebbero essere sicure e non limitate, ed inoltre le eccedenze dovrebbero essere dirottate verso le persone più bisognose. Se i governi non possono contare sull'apporto dell'export allora dovrebbero stimolare la produzione agricola ed investire in sistemi alimentari resilienti che proteggano i piccoli produttori. Un ulteriore elemento basilare per l'eliminazione dell'insicurezza alimentare è garantire che tutti gli Stati del pianeta abbiano eccellenti sistemi di protezione sociale, attraverso cospicui investimenti delle istituzioni finanziarie internazionali anche per scongiurare una crisi del debito globale; non si può assolutamente risolvere una crisi alimentare senza contemplare una risposta pure finanziaria.
Per concludere nel mondo c'è fin troppo cibo per tutti, basterebbe solo non sprecarlo e distribuirlo equamente.